venerdì 15 agosto 2014

Papaccella napoletana ripiena di baccalà con fonduta al conciato romano


Questa che vi racconto oggi è un'altra Campania, quella a cui sono legati i miei ricordi e i miei affetti più cari.
Avrei potuto raccontarvi di mozzarella, quella che più un prodotto è diventata un valore per la nostra terra e per la mia famiglia in particolare, da difendere e di cui andare fieri per la sua bontà e la sua unicità, ma non lo faccio perché dai ricordi e dagli affetti oggi voglio tirar fuori qualcosa da salvare dall'oblìo, da salvaguardare dall'omologazione, da tutelare anch'essa per la sua tipicità.
E' la papaccella napoletana. Tutelata dallo Slow Food, coltivata da pochi produttori dell'area vesuviana che attuano un disciplinare che persegue innanzitutto la qualità con metodi ecosostenibili ed ecocompatibili, commercializzata direttamente da loro non per un mercato di massa ma per quelle persone che ne apprezzano il valore, la storia e la tradizione legate ad essa.
Alla papaccella, come dicevo, sono legati i miei ricordi più cari perchè era uno di quei cibi più amati dal mio papà. E ora che non c'è più da sette mesi i ricordi legati al cibo mi rimandano alla sua memoria ancora di più, gustandoli in una maniera diversa, approcciandomi ad essi allo stesso modo in cui faceva lui.
Se per me certi cibi meritavano solo un assaggio, giusto per soddisfare una mera curiosità, per lui costituivano un pasto appagante ed esaustivo.
Mio padre aveva la capacità di godere di una tale soddisfazione (ho fatto un pasto da re) anche se mangiava una semplice acciughina condita con olio e pepe, insieme a del pane cotto con le fascine.
La papaccella la produceva direttamente lui stesso. Si rivolgeva al suo fornitore di piantine di fiducia e ricordo che ne acquistava metà rosse e metà gialle e poi le impiantava nel terreno alternandole di colore; che meraviglia quando vedevo quei bottoncini verdi che schiudevano al posto del fiore e poi giorno per giorno diventavano sempre più grandi e che meraviglia ancora di più quando poi le vedevo mature con quei colori vividi e brillanti che si notavano da lontano.
Una volta mature,era di questi tempi di solito, tra la metà e la fine di agosto, mio padre le raccoglieva e arrivato a casa le puliva una ad una con un panno umido e intere le riponeva in un grosso e panciuto vaso di vetro dove poi ci versava l'aceto rosso (anche questo preparato da lui stesso con il vino di uva fragola che coltivava sulla sua terra) "spezzato" da un po' di acqua.Le lasciava maturare bene per consumarle in inverno, soprattutto tra il periodo natalizio e il periodo del maiale (quando ancora si ammazzava in casa). Infatti trionfava sulla tavola natalizia nell'insalata di rinforzo, con il baccalà lesso e le olive nere, con " o' pero e o' musso"; e poi fritta con le costatelle di maiale e la salsiccia appena insaccata.
Quando lui tornava stanco e affamato dalla campagna alla domanda di mia madre "cosa ti preparo?", la sua risposta più sovente era"aspetta che prendo na' puparola sott'aceto e la mangio con un po' di pecorino". E così lo vedevo salire dalla cantina con un piatto in ognuna delle mani: in uno 3-4 papaccelle dai colori vividi e brillanti allo stesso modo di come erano state invasate, nell'altra una bella forma di pecorino conciato prelevato dall'olio dov'era stato messo la primavera precedente e che poteva durare fino a due primavere successive diventando scuro e piccante con un forte aroma che persisteva in bocca anche dopo qualche oretta.
Anche il pecorino si faceva a casa mia. Mio padre non allevava le pecore, a questo non ci era arrivato, ma barattava l'erba che seminava sui suoi terreni alla fine dell'inverno con il latte delle pecore che pastori locali portavano a pascolare da noi.E allora ogni primavera ricordo ancora quando era il momento di fare il pecorino; mi tenevano lontana per paura che combinassi qualche guaio e da dietro i vetri cercavo di imprimere in me tutte quelle immagini a cui assistevo.
E si faceva allo stessa maniera del conciato romano, anch'esso presidio Slow Food. I miei non lo lavavano con l'acqua di cottura delle pettole ma con l'aceto e non lo invasavano con la nepitella e il vino ma semplicemente con olio.



Ma quando conobbi Manuel e assaggiai un pezzettino del suo conciato ebbi prima un tuffo al cuore e poi un tuffo indietro di venti anni per quel sapore antico e familiare che ritrovai nel suo formaggio che da sempre era stato il formaggio di casa mia.

Fin da quando fu indetto il contest Terra di fuoco, dove si racconta di un'altra Campania, pensai di voler riunire in un unico piatto tutti i sapori che mi hanno accompagnata sin da bambina, tutti i ricordi che mi hanno nutrita più del cibo, tutte le emozioni che oggi sono diventate un'eredità preziosa da custodire ma anche condividere per riassaporare i valori della nostra terra dove prima del prodotto c'è amore, dedizione, sacrificio e rispetto anteposti sempre e comunque al semplice profitto.




Ingredienti
4 papaccelle ricce sott'aceto
200 g di pane cafone
200 g di baccalà dissalato
100 g di olive nere
30 g di cucunci
6 albicocche del Vesuvio disidradate
pepe nero
origano 
una punta di aglio
olio extra vergine di oliva

Per la fonduta
30 g di conciato romano
100 ml di panna fresca di bufala

Con un coltellino appuntito e affilato togliere il torsolo dalle papaccelle, sciacquarle sotto acqua corrente per eliminare i semi e l'eccesso di aceto e riporle capovolte perché asciughino.
Lessare il baccalà per una decina di minuti, scolarlo e far raffreddare.
Sbriciolare il pane e tostarlo brevemente in una padella antiaderente.
In una ciotola riunire le olive snocciolate, le albicocche ridotte a piccoli dadini e i cucunci dissalati e tagliati a rondelle sottili.Aggiungere il pane, il baccalà sfogliato, l'origano , l'aglio tritato finemente, il pepe e un generoso giro di olio. Amalgamare bene gli ingredienti e lasciarli riposare un'oretta poi aiutandosi con un cucchiaio riempire le papaccelle e richiuderle con il loro torsolo ripulito dai semi. Trasferirle in una teglia, irrorarle di olio e cuocere in forno preriscaldato a 200° per 20 minuti.
Per la fonduta. In un tegame grattugiare il conciato, aggiungere la panna di bufala e riscaldare su fuoco dolce girando con una frusta senza mai fermarsi fino a quando la salsa risulta omogenea e vellutata.
Servire le papaccelle irrorandole con la fonduta al conciato romano.




Note personali
- Di solito la papaccella cotta a forno mia madre la faceva con acciughe, capperi, uva passa e pezzetti di pecorino conciato. Questa ricetta l'ho rielaborata per poter assaporare e ottenere gli stessi risultati ma con ingredienti diversi.
- L'albicocca del Vesuvio disidratata conserva le stesse note aromatiche del frutto fresco e la utilizzo spesso in cucina allo stesso modo dell'uva passa ottenendo un risultato meno dolce ma equilibrato con ingredienti salati.
- I cucunci sono i frutti della pianta del cappero di cui soventemente si usano i boccioli. Ricchi di semini all'interno e più grandi del cappero vero e proprio, anch'essi si conservano sotto sale o sotto aceto. Avendo una mia amica delle bellissime piante che spuntano da un muro di tufo, indistintamente lei raccoglie frutti e boccioli conservandoli separatamente.
- Anziché dell'acciuga salata ho voluto utilizzare il baccalà perché al mio papà piaceva così, semplicemente lessato e condito all'insalata con papaccelle e olive nere.
- Il pecorino ho preferito utilizzarlo come salsa d'accompagnamento per mitigare un po' il suo aroma pungente.




Con questa ricetta partecipo al contest Terra di Fuoco.

venerdì 1 agosto 2014

Cous cous allo zenzero e lime su salsa fredda alla mediterranea per #GalleriadelsaporeCirio


Il 9 luglio ho avuto la possibilità, invitata da Mariachiara Montera, di partecipare alla Galleria del Sapore Cirio presso la Città del Gusto del Gambero Rosso a Napoli, terza tappa dopo Torino e Roma. 
Amore per la cucina e arte si sono incontrati in ogni tappa, dove ogni volta hanno cucinato 16 food blogger accompagnati da una performance live di un visual artist, Rosario, di 9periodico, per testimoniare che cucinare è arte, cucinare è la massima espressione della creatività. 
Un'esposizione temporanea del gusto di opere tirate fuori dall' artistic box. Su ogni postazione dove c'erano fuochi a induzione, tegami, padelle e coltelli, ci hanno fatto trovare un misterioso cesto coperto da un telo dove vi si trovavano tre ingredienti da usare obbligatoriamente e da abbinare ad altri a nostra scelta tra quelli in dotazione della cucina. 
Alzo il telo e cosa vedo? Una meravigliosa orata che profumava di mare, una radice di zenzero e un barattolo di polpa Cirio. Sinceramente ho avuto un attimo di panico: come potevo mai abbinare zenzero e pomodoro? Un ingrediente cosi mediterraneo e casareccio da abbinare a un aroma così lontano dalle mie memorie gustative? Ho avuto all'inizio un rifiuto di cimentarmi, anzi avevo sinceramente intenzione di protestare e esprimere il mio disappunto al bravissimo chef Luca Ogliotti, il quale doveva poi assaggiare il mio piatto e giudicarlo. 
Ma poi ecco arrivata l'ispirazione artistica! Decido di elaborare e manipolare il pomodoro e lo zenzero come se avessi dovuto fare due ricette distinte e accostarle in modo da percepire i sapori sempre in maniera distinta ma facendoli amalgamare sollo alla fine in bocca. Tutto questo all'apertura del barattolo; avete presente quando sbollentate i pomodori freschi, li spellate e poi li passate; avete presente quel profumo mentre siete intenti a far girare il passaverdure? Ecco questo è l'odore che emanava quella polpa, odore di pomodoro fresco, appena raccolto e tale l'ho voluto lasciare.
E allora tutti impegnati con le proprie opere secondo quanto uscito dal box, tutti, come me a sbirciare il box accanto, a far fronte a piccoli problemi, tutti a eseguire finalmente una ricetta che in un lampo senti come una piccola grande opera che stai creando, tutti soddisfati di avercela finalmente fatta. 
Poi uno alla volta tutti a presentare i piatti allo chef, tutti a guardare attentamente la sua espressione durante l'assaggio, tutti attenti ad ascoltare il suo giudizio come se avessimo dovuto captare qualcosa di determinante per il nostro orgoglio di blogger. 
Il mio piatto? Lui l'ha trovato un po' povero di sale (e questo me l'aspettavo visto che, da buon romano, durante il master class ci ha presentato dei crostini al pecorino e un'amatriciana rivisitata; e visto che ho l'abitudine di usarne davvero poco) però in compenso ha sottolineato l'aspetto positivo di questa carenza, perché in questo modo si poteva sentire l'aroma dello zenzero e di tutti gli altri elementi della mia preparazione; si è poi complimentato per la croccantezza e per il sapore distinto delle verdure; alla fine ha detto: brava, davvero buono


Ingredienti
2 bicchieri di cous cous
1 radice di zenzero
1 lime
1 peperone rosso
1 zucchina
1 carota
½ porro
1 orata da 600/700 g
1 barattolo di polpa Cirio
basilico fresco
olio evo
sale
Preparazione
Fare un brodo con 750ml di acqua lo zenzero e la buccia di lime, lasciando sobbollire coperto per una ventina di minuti. Spegnere e filtrare. Versare 2 bicchieri di cous cous in una pirofila larga, aggiungere 2 bicchieri e mezzo di brodo e un filo di olio; amalgamare e lasciar idratare per 5 minuti, poi sgranare con le mani. Nel frattempo arrostire il peperone , spellarlo e tagliarlo a dadini; tagliare a dadini anche zucchine, carote e porro e brasarli separatamente in tegame coperto senza olio. Pulire l'orata, sfilettarla e tagliarla a dadini; rosolarla velocemente in padella con un filo di olio per 1 minuto. Riunire tutti gli ingredienti nella stessa pirofila del cous cous. Per la salsa aprire il barattolo di polpa versarlo in un boccale, aggiungere un pizzico di sale, 4cucchiai di olio,delle foglie di basilico sminuzzato. Frullare fino ad ottenere un'emulsione omogenea e vellutata. Adagiare delle cucchiaiate di salsa fredda in un piatto fondo, sistemare il cous cous sopra la salsa e completare con un filo di olio


Il mio piatto presentato durante la sfida

I sedici blogger di Napoli

I blogger, l'artista, lo chef, la cara Mariachiara e lo staff della Cirio

Un bellissimo selfie

Lo chef Luca Ogliotti

La performance live di Rosario

Ed io grata per questa bellissima esperienza
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