domenica 24 novembre 2013

Pane di farro semintegrale alle caldarroste con lievito madre



Se qualcuno mi chiedesse quale sia il ricordo a me più caro legato alla castagna, risponderei subito: le caldarroste della nonna.
Nessuna preparazione elaborata, nessuna ricetta da seguire, eppure le caldarroste come le preparava lei non le ho mangiate mai più!
Sapevano di buono, erano confortanti, ritrovavo quel calore che fredde e umide giornate invernali mi portavano via.
La nonna aveva uno di quei camini antichi, molto alto, con due massi di pietra ai lati per sedersi; io ci entravo tutta intera, spinta dalla curiosità di scoprire  cosa borbottava o sfrigolasse li dentro. Ma in breve la curiosità si trasformava in timore perché alzando lo sguardo scorgevo un tetro e misterioso “cielo” sopra di me, da dove potevano calarsi misteriose creature che mai avrei voluto incontrare.
E allora retrocedevo e mi avviavo verso la nonna che era seduta sempre vicino al camino, su una sedia di paglia, per tuffarmi in quelle braccia accoglienti e robuste che subito mi si avvinghiavano intorno e mi facevano sentire protetta e sicura. In altri momenti, quando venivo sedotta da Morfeo ( che lei chiamava Paolillo, e non ho mai capito la ragione), tra le sicure braccia, appoggiavo il viso su quei grossi seni, come su un morbido cuscino che profumava di lavanda, l’annusavo e sprofondavo in un dolce e lungo sonno.
Ritornando alle caldarroste, al grande camino e alla nonna,  lei, come tutte le nonne, era dotata di particolari poteri, che trasformavano qualsiasi cibo in pietanze prelibate e succulente; le cose preparate da lei avevano un sapore in cui mi ci ritrovavo, rispecchiava i miei gusti e i miei desideri di appagamento. Quando entravo mi precipitavo per guardare cosa ci fosse ed era una gran festa per le mie papille gustative!!! Lei era solita prepararle prima le cose; la frittata con le patate, le frittelle ai fiori di zucca o con i cavolfiori, i friarielli, i fagioli e la zuppa di castagne con alloro e pepe cotti entrambi sotto il grosso camino, gli spaghetti da riscaldare poi nel tegame di rame per fare la crosticina dorata; ma le caldarroste lei le preparava solo al momento di servirle.


Il pane poi era un vero e proprio rito; la preparazione del criscito  la sera, l’impasto e la formatura la mattina presto e la cottura nella tarda mattinata, nell’antico forno di pietra,  in cui ci andavano anche pane di mais, pizze, patate, peperoni, migliaccio a carnevale e pastiere dolci e salate a Pasqua. Nonostante tutto questo ben di Dio, l’odore che aveva il sopravvento era sempre quello del pane; si diffondeva nell’immenso cortile, si intrufolava nelle camere al piano di sopra, serpeggiava nel silenzioso e mesto vicolo. Nel frattempo che prendevano forma queste alchimie, nonna provvedeva a sistemare il Lievito Madre in un angolo della  madia, dopo averla raschiata per bene, sistemava il grosso setaccio al riparo dell’umido e della polvere e tirava fuori i migliori canovacci di tela grezza ricamati da lei a punto croce, per avvolgerci il pane da regalare.
Nonna ha deciso di andare via quando già ero adulta e presa dagli affanni e dagli impegni tipici di una giovane mamma, non mi ero resa conto quanto mi fosse costata la separazione da lei.
Con il passare degli anni sono iniziati ad affiorare dolci e nostalgici ricordi, rendendomi conto quanto la sua vita animasse il mio presente, quanto i suoi valori hanno contribuito a formare i miei, quanto i suoi insegnamenti si sono impressi nella mia vita, formando la mia personalità,
Se lei non avesse panificato con il Lievito Madre, io non l’avrei fatto; se lei non avesse baciato il pane quando lo raccoglieva da terra, io non avrei avuto la stessa riverenza per questo;  se lei non avesse benedetto il pane dopo averlo infornato, io non avrei avuto consapevolezza della sua sacralità.


Pane di farro semintegrale alle caldarroste con lievito madre

Dalla dispensa ...

500 g di farina di farro tipo 0

250 g di farina di farro integrale
250 g di lievito madre di farro
480 ml di acqua
300 g di castagne
1 cucchiaino di sale integrale
1/2 cucchiaino di pepe rosa
2 foglie di alloro
1 cucchiaino di miele di castagno
1 cucchiaio di olio evo


... alla madia 
Vi chiederete magari di quel lievito madre di farro. Niente paura, dal frumento al farro il passo è breve, visto che di stessa famiglia si tratta; l'importante è possedere un bel lievito madre in salute e maturo e rinfrescarlo per un paio di volte con la farina di farro.
Partiamo da 40 g di lievito madre di frumento e rinfreschiamo con 40 g farina di farro e 20 g di acqua.
Otterremo 100 g di  lievito madre; rinfreschiamo di nuovo come prima, aggiungendo però 100 g di farina di farro e 50 g di acqua e avremo così i nostri 250 g di lievito madre utili per cominciare con la ricetta.
Mettere in una ciotola le due farine e fare una fontana al centro; aggiungere il lievito madre sciolto precedentemente con le fruste elettriche con 150 ml di acqua tolta dal totale e il miele, aggiungere poi il resto dell'acqua, le foglie di alloro tritate finemente, il pepe rosa sminuzzato tra le dita, il cucchiaio di olio e infine il sale, facendo attenzione a metterlo sui bordi, solo sulla farina.
Impastare cominciando dal centro, magari con una forchetta, incorporando la farina un po' alla volta, poi quando si rassoda iniziare a impastare con le mani trasferendo la massa su un piano da lavoro;  continuare a impastare per breve fino a quando diventa omogeneo.
A questo punto trasferirlo su un piano da lavoro, e iniziarlo a impastare con la tecnica dello Slap and Folding, tradotto letteralmente schiaffo e piega. Consiste nel battere l'impasto sul ripiano e piegarlo, ripetendo più volte anche fino a 10 minuti e comunque fino a che non risulti elastico e liscio.
Lasciarlo puntare per 40 minuti, coprendolo con una grande ciotola, perché non asciughi.
Nel frattempo preparare le caldarroste. Dopo averle messe a bagno in acqua per 10 minuti, scolarle e incidere solo la buccia esterna con un taglio di un paio di cm. Trasferirle nella padella con i buchi e arrostirle per 15 minuti sui carboni. In alternativa è possibile arrostirle sulla fiamma del fornello per 7/8 minuti scuotendo la padella ogni 30 secondi e continuare poi nel forno preriscaldato a 230°, possibilmente con modalità grill, per altri 15 minuti.
Sbucciarle ancora calde, tritarle grossolanamente e aspettare che raffreddino, poi tritarle più finemente.
A questo punto, ritornando all'impasto del pane, appiattirlo dandogli una forma rettangolare, distribuirci sopra le caldarroste tritate e procedere alle pieghe: piegare, sovrapponendoli, prima i due lati più lunghi, poi ripetere la stessa operazione con gli altri due lati. Capovolgere la massa di pasta e sistemarla in una ciotola di ceramica o di vetro dove è stato messo prima un telo da cucina e poi un foglio di carta da forno: fare attenzione che le pieghe vadano sotto. Coprire con i lembi del telo e poi sigillare la ciotola con pellicola da cucina. Sistemare in frigo e lasciar lievitare per 20 ore.
Trascorso questo tempo, togliere la ciotola dal frigo e far lievitare ancora: con temperature esterne fredde, occorrono dalle quattro alle sei ore, mentre d'estate dalle due alle tre ore.
Comunque fare la prova dito: con il polpastrello premere l'impasto, se viene su lentamente è pronto per essere infornato.
Accendere il forno e portarlo a 230°, mettere una teglia con acqua sul fondo e quando la spia del calore si spegne, infornare. Tenendo un lembo del telo in mano, tenderlo e contemporaneamente sfilarlo dalla ciotola e appoggiarlo su un lato della placca da forno, poi ripetere la stessa operazione con la carta da forno. Con una mano tendere questa, spostando il pane al centro della placca e con l'altra sfilare il telo.
Incidere il pane con un taglio a croce, leggero e deciso e infornare.Lasciar cuocere 15 minuti, poi abbassare a 200° e togliere la teglia e lasciar cuocere altri 30 minuti. Trascorso questo tempo fare la prova cottura: colpire con la mano chiusa a pugno il fondo del pane: se "suona" di vuoto, è cotto.
Spegnere, appoggiarlo verticalmente a una parete del forno, lasciar leggermente aperto il forno e farlo riposare così per altri 15 minuti.
Tolto dal forno, far raffreddare avvolto in un telo.


E per chi non possedesse il lievito madre?
Ecco la versione con lievito di birra. Resta tutto invariato, cambiano solo  le dosi delle farine e dell'acqua e i tempi di lievitazione fuori il frigo
Allora faremo così utilizzando
600 g di farina di farro tipo 0
330 g di farina di farro integrale
550 ml di acqua
un panetto di lievito di birra
Il procedimento e la lievitazione in frigo uguale al precedente, poi la lievitazione fuori il frigo è più veloce: d' inverno occorrono dalle due alle tre ore, d'estate una o due ore.
Anche la cottura seguiremo il procedimento del pane a lievitazione naturale.





In giro avevo letto di questa Signorina Pici e Castagne, diventata poi signora, ma sinceramente non avevo ancora avuto il piacere conoscerla. Poi mi ci voleva questo MTC di novembre per fare questo passo. Ed è stato un mondo meraviglioso quando sono approdata al suo blog; mi sembra di aver respirato quell'aria di Toscana che già avevo conosciuto dai miei viaggi negli anni scorsi. Il tema della sfida mi aveva lasciata un po' perplessa, ma poi rinfrescando il mio Lievito Madre, ho pensato di omaggiare la signorina/signora con un pane, che penso, come tutte le toscane, gradisca.
E allora, con questa ricetta, emozionata e felice, partecipo all'MTC di novembre


venerdì 8 novembre 2013

Feijoa Jam


Keating -Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare. Ecco, quando leggete, non considerate soltanto l'autore. Considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice "molti uomini hanno vita di quieta disperazione", non vi rassegnate a questo. Ribellatevi! Non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi attorno... Osate cambiare, cercate nuove strade. Allora, in aggiunta agli esercizi, vorrei che componeste una poesia. Tutta vostra, lavoro originale. Si, una poesia. E dovrete leggerla ad alta voce di fronte alla classe. Martedì. Bonne chance.


Avrete notato che ognuno di voi si muove con la sua particolare andatura. Per esempio Pitts, se la prende comoda, tanto prima o poi arriverà. Invece Cameron sta pensando "Andrà bene? Forse si, ma certo. O forse no, chi lo sa?" E il nostro Overstreet è mosso da profonda passione... Lo sappiamo tutti, non è vero? Ma non li ho fatti marciare per deriderli, li ho fatti marciare per illustrare la questione del conformismo, la difficoltà di mantenere le proprie convinzioni di fronte agli altri. Alcuni di voi hanno l'aria di pensare: "Ah, io avrei marciato diversamente!". Allora chiedetevi: perché battevate le mani? Ci teniamo tutti ad essere accettati, ma dovete credere che i vostri pensieri siano unici e vostri, anche se ad altri sembrano strani e impopolari, anche se il gregge può dire "Non è beeeeene". Come ha detto Frost, "due strade trovai nel bosco e io, io scelsi quella meno battuta. Ed è per questo che sono diverso." Voglio che troviate la vostra camminata adesso, il vostro modo di correre e passeggiare, in ogni direzione, comunque vogliate, che sia fiero o che sia sciocco, sta a voi. Giovanotti, il cortile è vostro. Non dovete dare spettacolo, lo fate per voi stessi. Beh, Dalton, non partecipa?

Charlie: Esercito il diritto di non camminare.

Keating: Grazie mille Dalton. Ha afferrato l'idea al volo. Andate pure controcorrente.
Neil: E tu, che hai intenzione di fare? Charlie?

Charlie: Ti ripeto, Neil, che mi chiamo Nuwanda.
Nolan: Mi sono giunte voci, John, di alcuni metodi non ortodossi di insegnamento nella sua classe, non voglio dire che abbiano qualcosa a che fare con Dalton e la sua bravata, ma non credo di doverle rammentare che a quell'età i ragazzi sono molto impressionabili.

Keating: Beh, la sua ramanzina penso che li abbia impressionati.

Nolan: Che stava succedendo in cortile l'altro giorno?

Keating: In cortile?

Nolan: Si, li ho visti marciare, battere le mani...

Keating: Oh, già... Stavo cercando di provare una cosa: i rischi del conformismo.

Nolan: Beh John, lei sa che qui esiste già un programma e funziona. Se lei lo mette in discussione, gli studenti faranno altrettanto.

Keating: Ho sempre creduto di dovergli insegnare a ragionare da soli...

da L'Attimo Fuggente, 1989


Ingredienti
1 kg di frutti di feijoa
500 g di zucchero di canna
la buccia di 1 limone
2 mele annurche
5 grani di pepe nero


Preparazione

Lavare la frutta e senza sbucciarla tagliarla a dadini di 1 cm. Trasferirla in una pentola e aggiungere lo zucchero di canna. Lavare il limone e tagliare la buccia sottilmente evitando la parte bianca e aggiungere anche questa al composto di frutta e zucchero; aggiungere infine i grani di pepe nero. Amalgamare bene e procedere con la cottura calcolando 40 minuti dall'inizio del bollore, a fiamma dolce. Trascorso questo tempo, passare al passaverdure, poi trasferire, ancora caldo, in vasi di vetro precedentemente puliti, tappare e passare in un'altra pentola piena di acqua riscaldata leggermente in precedenza.. Sterilizzare per 30 minuti. Spegnere e lasciar raffreddare senza togliere dall'acqua.



-Note personali

-la frutta non va mai sbucciata, perché nella buccia è contenuta maggior pectina, un'addensante naturale.
-Per lo stesso motivo ho aggiunto 2 mele, perché ricche di pectina.
-Invasare ancora caldo, tappare e far raffreddare capovolto può bastare per conservare le marmellate. Ma per una sicurezza maggiore preferisco sempre sterilizzare con la bollitura.
-Il passaggio in acqua precedentemente riscaldata evita lo shock termico che rischierebbe di far rompere i vasi di vetro caldi a contatto con l'acqua fredda.



Con questa ricetta, che mi ha fatto guardare da un'altra prospettiva,facendomi uscire dal conformismo, partecipo al contest di Vaty



sabato 2 novembre 2013

Polpettine di miglio



Per rimettersi in pace con se stessi non c’è nulla di meglio che intraprendere un viaggio che ci riporti all’essenziale.
Alla terra
All’hummus
Alle origini
E allora scegli, scarti quello che ti intralcia, come in una giungla sposti tutti quei rami, quelle giganti foglie, per aprirti la strada e procedere.
Non vedi la meta, ma ti apri la strada.
Una malattia, un sopruso, un dolore, una delusione ti fanno fermare, ti fanno gemere e ti fanno fare i conti con te stesso; ma devi procedere, non puoi fermarti, hai la responsabilità dell’equilibrio e della sicurezza di altri che dipendono da te.
E anche di chi non dipende da te.
Raccogli le tue forze, alzati, procedi in pace, con la consapevolezza che la strada è irta e piena di insidie, ma altri l’hanno battuta prima di te.



Ingredienti per 16 polpettine
100 g di miglio decorticato Ecor
2 uova bio, cat A
1 cucchiaio di parmigiano
1 cucchiaio di pecorino
60 g di mozzarella di bufala
Prezzemolo
Aglio
Pepe nero
Sale marino integrale
2 cucchiai di semi di sesamo Ecor
3 cucchiai di lievito alimentare in scaglie
3 cucchiai di mandorle



Preparazione
Cuocere il miglio per 15 minuti in 250 ml di acqua. Spegnere e lasciar intiepidire senza scolare l’eventuale liquido residuo.
Battere le uova con il parmigiano e il pecorino grattugiati, il prezzemolo tritato, il sale e il pepe.
Tostare le mandorle in forno a 150° per 15 minuti, lasciar raffreddare e frullare in un mixer insieme al lievito in scaglie; trasferire in un piatto largo, aggiungere i semi di sesamo, amalgamare i composti.
Ridurre la mozzarella a dadini piccoli e mettere da parte.
Aggiungere il battuto di uova al miglio ormai intiepidito, impastare e  procedere a formare le polpette. Prelevare un po’ di impasto, fare un incavo, posizionare qualche dadino di mozzarella, chiudere, rotolare tra le mani e rotolare poi nel mix di mandorle, sesamo e lievito.
Trasferire in una teglia ricoperta con carta da forno e cuocere a 180° per 15/20 minuti e comunque fino a doratura delle polpettine.



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