domenica 2 novembre 2014

Gu Shu Sala da tè e non solo


Nasce a Napoli con una sala da tè l’Associazione Gu Shu
Non deve meravigliare che nella città italiana tempio del caffè sia nata un’Associazione per la diffusione della Cultura del Tè e delle piccole cose dimenticate.
Napoli è una città levantina e multietnica dove le influenze storiche e culturali hanno sempre lasciato una traccia importante e positiva.
Così, nel pieno centro storico, sul decumano minore in Via San Biagio dei librai ha trovato sede l’Associazione Gu Shu, fondata per volere e caparbietà di Giustino Catalano, Giuseppe Musella e Riccardo Abbruzzese, rispettivamente il primo enogastronomo appassionato di tè, il secondo noto commerciante di tè ed il terzo ex chef de Rang dell’Hotel Romeo.
Alle loro spalle un foltissimo numero di campani appassionati della foglia verde della Camelia hanno fatto si che i tre si prendessero la briga di costituire un’Associazione con una sede prestigiosissima quale è il Palazzo Diomede Carafa, edificio a 30 passi dalla statua del Nilo – nota ai napoletani come il Corpo di Napoli – del 1442.


Proprio al suo interno nelle due finestre che affacciano sulla copia della testa di cavallo che fu donata al Principe letterato da Lorenzo il Magnifico l’associazione Gu Shu (che significa “Albero vecchio” ) ha costituito la propria sede sociale con una sala da tè in pieno stile cinese.
“Qui con i nostri associati, che auspichiamo saranno molti, scopriremo tutti i segreti della bevanda e la abbineremo a piccole produzioni tradizionali italiane (ndr le piccole cose dimenticate) per dimostrare ancora una volta che il tè non è solo una bevanda per pasticcini ma soprattutto la bevanda di oltre la metà della popolazione mondiale con la quale si pasteggia”, alle parole del Presidente pro tempore Giustino Catalano fanno eco quelle del Vice Presidente Giuseppe Musella il quale afferma “non ci siamo inventati nulla di nuovo. Il tè nel centro di Napoli non è nessuna novità. Proprio su San Biagio dei Librai, nello storico Palazzo Venezia – ex ambasciata della Repubblica Serenissima dalla metà del ‘400, verso la fine del settecento fu costruito un giardino d’inverno nel quale si serviva regolarmente il tè e non il caffè”.
Lunedì 3 novembre dalle 17,00 l’inaugurazione della sede associativa dove ovviamente saranno serviti dei tè molto rari.
Il Marchio Gu Shu è un marchio registrato.
Nell‘invitare tutti il Tesoriere Riccardo Abbruzzese precisa che “l’Associazione e la Sala da Tè sono le prime in assoluto nel Sud Italia e che il tesseramento ha il costo annuale di 10 euro grazie al quale oltre che accedere alla Sala si ha anche diritto ad uno sconto del 10% su tutti i tè venduti nella vicina bottega del tè Qualcosaditè”.
Da Martedì 4 novembre la sala sarà aperta a tutti i soci dalle 10 alle 20 con il solo giorno di chiusura previsto di domenica.


Gu Shu
Associazione per la diffusione della cultura
del tè e delle piccole cose dimenticate

martedì 28 ottobre 2014

Lasagna bianca con funghi e pomodori brasati



Sabrina nell'introdurre la ricetta della sfida n 42 dell'Mtc ci chiede se siamo contenti che sia lei il terzo giudice, poi, più avanti la risposta in un certo senso
la dà lei stessa quando annuncia che è la lasagna, definendola Sua Maestà.
Chiunque, trovandosi al cospetto di cotanta regalità, è contento!
Poi quando l'autore è una persona allo stesso tempo umile e competente si naviga in acque tranquille e la contentezza si trasforma in una gioia pacata e grata.





Per la sfoglia
150 g di farina
150 g di semola di grano duro
3 uova
1/2 guscio di acqua
Versare su un piano da lavoro le due farine, fare la fontana e aggiungere le uova. Cominciare ad amalgamare con una forchetta aggiungendo man mano la farina dall'esterno verso l'interno; quando le uova sono completamente assorbite, impastare con le mani. Se risulta duro, quando è ancora granuloso aggiungere il mezzo guscio di acqua. Quindi procedere con l'impasto fino a quando questo risulta omogeneo e morbido. Lasciar riposare una mezz'oretta sul ripiano sotto una ciotola capovolta.


Per la besciamella
500 ml di latte
50 g di burro
20 g di farina
sale
In un tegame far sciogliere a fuoco dolce il burro, togliere dal fuoco, aggiungere la farina e amalgamare energicamente con una frusta. Rimettere sul fuoco e aggiungere il latte precedentemente scaldato in un tegame a parte. Continuare a mescolare a fuoco dolce fino ad avere la consistenza di una salsa vellutata. Aggiungere moderatamente un pizzico di sale

Per il ripieno
750 g di pomodorini
200 g di ricotta
250 g di fior di latte
700 g di funghi misti
(porcini, chiodini,
cardoncelli, champignon)
1 spicchio di aglio
1 piccolo peperoncino
prezzemolo
olio extravergine d'oliva
sale
Mondare e pulire i funghi e tagliarli a pezzi grossolani. Scaldare in un tegame l'olio con aglio e peperoncino e aggiungere i funghi e il prezzemolo tritato; salare, coprire e cuocere a fuoco vivace finché non asciughi la loro naturale acqua. Spegnere e tenere da parte.


Dividere la besciamella a metà e in una di queste aggiungere la ricotta: amalgamarla prima con una forchetta e poi con il frullatore a immersione fino ad ottenere una salsa senza grumi.
Lavare i pomodorini, asciugarli e tagliarli a metà. Scaldare su fuoco vivace, sulla fiamma più grande, una padella dal fondo spesso, aggiungere un filo di olio e i pomodorini; coprire, spadellare un paio di volte e lasciar cuocere per 2/3 minuti.











Stendere la sfoglia con un mattarello, ricavare dei rettangoli, sbollentarli man mano in acqua salata e raffreddarli in acqua fredda, sistemarli poi su un telo pulito.




Assemblaggio
Coprire il fondo di una pirofila con qualche cucchiaiata di besciamella semplice, adagiare sopra uno strato di rettangoli di pasta, poi del fior di latte a cubetti, i funghi e qualche cucchiaiata di besciamella alla ricotta. Continuare così fino ad esaurire tutti gli ingredienti terminando  con la besciamella semplice e dei pomodorini.
Infornare e cuocere per 20 minuti a 180°. Spegnere e lasciar riposare per 10/15 minuti


Con questa ricetta partecipo alla sfida n 42 dell'Mtc

sabato 25 ottobre 2014

Crema salata di marroni e zucca di Francy


Questo è stato il post più travagliato della storia del mio blog.
Ma quando il gioco diventa duro, io non demordo, resisto ancora di più.
Dopo varie situazioni che non sto qui a raccontare e che mi hanno tenuta lontana dal pc, finalmente trovata un po' di calma esteriore e interiore, scrivo un lungo post; il giorno dopo vado lì a rivedere tutto per poi pubblicare e cosa succede? Non trovo nulla!!!
Gli intralci e gli impicci hanno continuato a ostacolarmi, ma io ostinata devo pubblicare a tutti i costi in onore della mitica Francy.
Sarò breve per evitare altri rischi.
Io e lei praticamente siamo "nate" insieme e il nostro fu come una specie di amore a prima vista.
Divoravamo reciprocamente con la sola lettura ogni singolo nostro post, eravamo sempre le prime a lasciare i commenti all'altra e molto, ma molto spesso abbiamo rifatto una ricetta dell'altra magari rivisitata per la voglia continua di sperimentare.
La prima ricetta per me sono stati i suoi muffins salati, poi i cake pops, il macafame, il ragù, le tagliatelle e ancora tanto altro, garantisco, ma non vado nel suo blog per la conferma dei nomi delle sue preparazioni per paura che il tempo e il pc mi giochino ancora altri brutti scherzi e mi intralciano per l'ennesima volta.
Lei poi mi ha dedicato dei bellissimi ed emozionanti post che talvolta mi hanno fatto scappare anche la lacrima e mi facevano dire a me stessa: è mai possibile che queste parole  siano rivolte proprio a me?
Questo è successo con il babà in occasione del mio Mtc, dove pubblicò a mezzanotte in punto, per prima, ed io ero certa che l'avrebbe fatto ed ero lì ad attendere....e arrivò con la sua valanga di parole, di delicate sfumature, e la sua (MIA) crema di bufala: emozione pura!!! 
Ricordo come fosse ieri quando pubblicai il mio post sul lievito madre: attraverso lo schermo mi irradiava e mi riempiva tutta la sua ammirazione che sentivo fresca e sincera. Poi da lì i suoi post sui lievitati in cui mi citava come un esempio, mi hanno sempre riempito di orgoglio. 
Ora con questo gioco di Flavia, il Recipe-tionist, dove c'è la possibilità di rifare una delle sue ricette non potevo certo mancare! Avevo già apprezzato tanto il suo Rustico leccese e sapendolo in gara ero certa che sarebbe stato premiato. 
Francesca è da ammirare, la cosa che più amo di lei è la sua ricerca, la dedizione allo studio di una ricetta o di una tecnica, arricchite dalla storia e come quella ricetta tocchi la sua vita e infine mi affascina la capacità di farti entrare nella ricetta comprendendola e facendotela amare.
Il nostro all'inizio è stato un feeling, una sintonia che ci faceva comprendere attraverso le parole lette dal blog se stavamo attraversando magari un brutto periodo. Infatti a volte ci siamo anche scritte in privato perché avevamo intuito che una di noi aveva bisogno di raccontarsi.
Poi per me le cose sono cambiate su vari fronti, occupando la mia mente e le mie energie e tenendomi sempre di più lontana da questa bellissima realtà virtuale che molto spesso non è tanto virtuale come si pensa. 
E quindi, devo dire la verità, oggi quando passo da Francesca spesse volte sono letture veloci, dove i miei commenti si trovano sempre più spesso alla fine o non riesco neppure più a commentare.
Però lei la porto sempre nel cuore; il suo entusiasmo che trasmette e i suoi sorrisi sono quasi terapeutici per me perché la sento sincera e amica.
Questa che ho rielaborato, la Crema salata di marroni e zucca,è una ricetta che ho presentato a un evento un anno fa: l'accompagnai con dei crakers al rosmarino che feci con l'esubero del lievito madre. Le persone si avvicinavano con curiosità e andavano via con meraviglia per la novità che avevano assaggiato. Sinceramente noi del sud non siamo abituati a queste creme salate, ai dip (giusto Francy?), pensavano fosse qualcosa di dolce ma trovavano altre emozioni sensoriali. 
Fu un successo ma mai ho avuto la testa e la possibilità di dirlo a Francy!



Questa è la mia personale rielaborazione che si differenzia da quella di Francy per la mancanza del marsala che ho scelto di non mettere e del finocchio che ho dimenticato.
Ma ho aggiunto i semi di finocchietto selvatico che io amo tanto con la zucca.

Crema salata di marroni e zucca

450 g di marroni 
300 g di zucca 
semi di finocchio
 rosmarino
 alloro
1 tazzina di aceto balsamico
olio extravergine d'oliva
Sale  
pepe nero
Sbucciare i marroni e metterli in una pentola con acqua e una manciata di sale. Portare a ebollizione e cuocere per circa mezz'ora.
Scolare e quando sono ancora caldi togliere la pellicina e mettere da parte.
Sistemare in una teglia da forno la zucca tagliata a tocchetti, irrorarla di olio, sale e semi di finocchio; cuocere a 160° finché non risulta tenera e asciutta.
Unire la zucca ai marroni e schiacciarla attraverso un passaverdure, raccogliendo la purea in un tegame.
Unire l'olio, l'aceto balsamico, il rosmarino, l'alloro, del pepe appena macinato e del sale. Cuocere per una decina di minuti aggiungendo , se necessario, un po' di acqua.
Spegnere e trasferire la crema in vasetti a chiusura ermetica e sterilizzare in acqua in ebollizione per 20 minuti.


Io, ovviamente non ho trovato i marroni, è difficile dalle mie parti, per cui ho usato le castagne, che a differenza degli altri abbondano qui in Campania. 

Con questa ricetta partecipo al The Recipe-tionist di ottobre


lunedì 13 ottobre 2014

Seminare il futuro


Per dire no alla manipolazione genetica, agli ibridi, ai brevetti delle multinazionali sulle sementi;
per riflettere sulla provenienza del cibo;
per riscoprire gesti semplici, antichi e universali come quello della semina...
38 aziende biologiche e biodinamiche in tutta Italia,da quattro anni, aprono le loro porte a bambini e genitori con l'iniziativa Seminare il futuro
Una giornata spensierata, scandita da ritmi lenti come quelli di una volta, all'insegna di incontri gioiosi e rispettosi, per rappacificarsi con madre terra e arrivare alla consapevolezza che solo da essa ci giunge il nutrimento che mai potrebbe farci del male.
Un'agricoltura sana, senza la manipolazione dell'uomo, con concimi bio organici, con la presenza di animali, insetti e piante secondo un ecosistema naturale, non crea intolleranze, allergie o predisposizioni a qualsiasi altro tipo di malattia.


Arrivati ci accoglie Enrico uno dei soci dell'azienda biodinamica La colombaia,
nel cuore di Terra di lavoro, a Capua, considerata un tempo da Cicerone seconda solo a Roma, ed da qui che nasce il termine Campania Felix.
Una terra fertile e rigogliosa, con l'acqua ad appena 10 metri dal suolo e un sole che splende tutto l'anno, dove una famiglia di contadini da venti anni ha detto a tutte le innovazioni dell'agricoltura chimica.
Enrico ci parla di questo raccontandoci di come si interviene sul grano per mantenerlo basso, di quello che si fa ai cavoli perché siano tutti belli e grandi, di come a una fragola viene inoculato il gene della foca per coltivarla e farla resistere a temperature rigide.




Sbalordimento e perfino scandalo: chi mai ci racconta queste cose? No ci tengono nell'ignoranza, manipolando le nostre menti, abbagliandoci con il bello e l'abbondante. Se entri da un'ortolano prendi la lattuga o la mela più grande, più bella, più smagliante che ci sia: questo ci basta, questo ci fa sentire di aver fatto bene la nostra scelta, di aver deciso la cosa migliore per noi e i nostri cari. Ma ci domandiamo mai come sia arrivata ad essere cosi?
Enrico dopo quest'accoglienza che ha lasciato una nuova consapevolezza in ognuno di noi, ci offre un assaggio dei prodotti della loro azienda: crostate, biscotti, ciambelle, succhi, tutti rigorosamente prodotti da loro.






Poi tutti i bimbi sul trattore per arrivare in uno dei loro campi dove avviene la semina.













Durante il tragitto Enrico ci mostra una serie di cumuli. Da un lato sono gli scarti vegetali, dall'altro il letame, messi lì a maturare per diversi mesi per essere poi utilizzati come concime.














Ci mostra i tunnel, spiegandoci che non sono serre, che hanno una funzione diversa da esse; servono semplicemente da protezione da gelo o grandine per gli ortaggi.



Ci mostra i teli che a prima vista sembrano plastica, ma poi ci spiega che sono amido di mais, quando è ora di mettere a dimora nuove piantine, questi sono arati insieme al terreno, divenendone concime.















Arrivati tutti  ricevono il loro sacchetto con il grano e Enrico mostra il gesto di come spargere il seme. Divisi in due grandi gruppi, ai due lati del terreno, parte la semina e si conclude in pochi minuti, visto il gran numero di neo contadini.





Poi tutti insieme in un' immenso cerchio ci diamo la mano, Enrico ci ricorda che nello stesso momento lo fanno anche tutte le altre aziende, alziamo le braccia al cielo e lo ringraziamo per l'avvenuta semina.



Possiamo andare a controllare il nostro piccolo pezzo di terra quando vogliamo, per veder spuntare le piantine, osservare la loro crescita, notare poi le spighe di grano che arriveranno alla maturazione e poi alla mietitura.
Ai saluti una soddisfazione sul volto di ognuno e un senso di pace che ci pervade.


domenica 28 settembre 2014

Mozzarella Chiraschi




Ci sono dei cibi li senti particolarmente vicini al tuo mondo, ai tuoi gusti e alle tue scelte che solo a sentirli nominare ti danno già quel conforto e quella soddisfazione tali da sembrare di averli mangiati veramente.
Questo mi è successo quando ho letto del tema dell'Mtc di questo mese, della proposta di Annalena che non è tanto una ricetta ma sperimentare una delle tecniche di cottura del riso proposte da lei.
Io amo il riso, amo cucinarlo e amo mangiarlo; a casa mia almeno un risotto e un pilaf a settimana non possono mancare; d'estate l'insalata di riso, in inverno le minestre. 
Anche se dalle mie parti è considerato uno sciacquapanza e un alimento da somministrare a persone delicate e ammalate, noi, a dispetto di qualsiasi luogo comue, lo preferiamo in qualsiasi modo. Che golosità il riso e patate del lunedi con una cucchiaiata di ragù della domenica cotto insieme a quella crosta di parmigiano che attendeva già da qualche giorno; diventa un salvacena quando rincasati tardi chiedo cosa preparare per cena e tutti mi rispondono: riso al burro e parmigiano; poi i risotti secondo quanto ci offre la stagione: ai porcini, con verza e salsicce, con zucchine e provola, agli asparagi, alla zucca....e qui potrei continuare all'infinito. 
Insomma tante ricette per accontentare tutti ma in definitiva senza avere la consapevolezza della tecnica di cottura usata. 
Annalena mi ha aperto dinanzi un mondo immenso che ha suscitato in me prima entusiasmo e poi un senso di piccolezza e di impotenza rispetto a quanta conoscenza mi offrisse lei. 
Già con il babà mi aveva tanto colpito la sua maestrìa e la sua bravura uniti a un animo gentile e umile ma che rivelava una grande persona. Tutto questo l'ho visto confermato poi con la vittoria che l'è toccata: con semplicità e chiarezza ha avuto la capacità di toccare le corde più profonde degli animi di noi appassionati e aprire le nostre menti a una comprensione che rimarrà indelebile. 
In questo periodo avevo continuamente la sensazione che Annalena si aspettasse da me una ricetta con la mozzarella. Ne ho pensate tante, ma non riuscivo a trovare qualcosa che conservasse integro il suo sapore e la sua freschezza. Poi quando mi stavo quasi arrendendo e decidere di preparare dei timbalini ecco che il mio occhio è caduto per l'ennesima volta sulla Fukiyose chirashi sushi e qui ho avuto l'illuminazione: potevo rielaborare questa sua ricetta con degli elementi mediterranei che si accompagnano in maniera equilibrata alla mozzarella. 
La mozzarella è ottima con pomodori e basilico, la famosa caprese; è superba con pepe e limone; è un classico accompagnata anche alle olive. 
Ho voluto riunire tutto questo in questo piatto giapponese, uno sushi scomposto, più casalingo di quello che conosciamo noi occidentali, dove tutti gli elementi vengono serviti sopra il riso.




Ingredienti
450 g di riso originario tondo
50 ml di acidulato di riso 
1 cucchiaio di miele 
1 cucchiaino di sale 
foglie di coriandolo
buccia di limone grattugiata
6 mozzarelline da 30 g 
150 g di pomodorini 
basilico
zucchero di canna 
2 cucchiai di salsa di soia 
2 cucchiai di olive nere 
½ bicchiere di vino bianco dolce 
zenzero grattugiato 
aglio 
origano fresco 
pepe 
sale 
olio extravergine d'oliva

Prepariamo i pomodori confit 
Lavare i pomodorini e tagliarli a metà, sistemarli in una teglia su un foglio di carta da forno, spolverarli di sale e zucchero di canna passato al mixer, basilico tritato e un filo di olio; passarli in forno a 100° per 90 minuti.


Prepariamo le olive 
Denocciolare le olive, trasferirle in un tegame, aggiungere un filo di olio, un po' di aglio tritato, l'origano fresco, il pepe e rosolare a fuoco vivace spadellando per un paio di minuti; 
versare il vino, far sfumare, lasciar cuocere per un minuto e spegnere. Versare in una ciotolina, aggiungere dello zenzero grattugiato e lasciar marinare fino al completo raffredamento. 

Prepariamo le mozzarelline 
Tagliare le mozzarelline a cubetti di circa 1,5 cm, sistemarle in una ciotola, aggiungere del basilico tritato e un paio di cucchiai di olio e lasciar marinare sino all'utilizzo.


Prepariamo l'acidulato di riso
Portare a ebollizione l'acidulato di riso con il miele e il sale; spegnere e far raffreddare completamente. 

Prepariamo il riso
Versare il riso in una ciotola capiente e coprirlo con il doppio di acqua fredda: Strofinarlo tra le dita per circa un minuto, fino a quando l'acqua risulta bianca. Scolare, sciacquare delicatamente e ripetere lo stesso procedimento per altre tre quattro volte fino a che l'acqua è chiara. Versare di nuovo nella ciotola, aggiungere altra acqua e lasciare in ammollo per 30 minuti. Scolare, sciacquare e versarlo in un tegame di terracotta smaltata, coprire di acqua fino a superare di 2 cm il riso, aggiungere qualche fogliolina di coriandolo e la buccia di limone grattugiata Quando l'acqua bolle coprire con un coperchio pesante avvolto in un panno, abbassare la fiamma e lasciar cuocere per 10 minuti senza mai aprire. Quando è cotto trasferirlo su un piano di legno, versare sopra l'aceto freddo e con un cucchiaio rimestare fino a quando i chicchi risultano lucidi e si è completamente raffreddato. 
Mi ha aiutato tanto in questa operazione una giornata ventosa e secca, visto che ho anche sistemato il tagliere vicino alla finestra spalancata. Annalena ci suggerisce anche di usare un phon con il getto di aria fredda.


Completiamo il piatto 
Adagiare il riso in una ciotola, sistemare i pomodorini confit a raggiera, negli spazi sistemare le olive, al centro sistemare una mozzarellina intera tenuta da parte e poi tutto intorno quella a dadini; decorare con del basilico fresco. 
Unire la marinata delle olive e quella delle mozzarelle, aggiungere la salsa di soia emulsionare con una forchetta e disporla vicino alla ciotola con il chirashi perchè ognuno possa servirsene a proprio gradimento nella ciotola individuale.


Annalena suggerisce di mangiare questo genere di preparazioni con le bacchette di legno, perchè al pari delle patatine fritte mangiate con le mani, è più buona!

Con questa ricetta partecipo all'MTC n 41 di settembre


giovedì 18 settembre 2014

Crostata di fichi e rosmarino




Io detestavo i fichi, detestavo mangiarli e toccarli perché m’impressionava il loro interno.
Vedevo la mia mamma mangiarli con una tale soddisfazione che io non comprendevo e non condividevo affatto, ma la mia nonna ribatteva : “ai miei tempi costituivano il pasto, ci portavamo il pane da casa in campagna e dopo mezza giornata di duro lavoro lo trovavamo secco tanto era bollente il sole, ma con un paio di fichi aperti e appoggiati sopra si aggiustava tutto”.
Poi da lì in poi la nonna iniziava a raccontarmi di tutti gli abbinamenti presi dalle loro campagne che si facevano con il pane, secondo la stagione: con l’uva fragola, con la mela annurca, con le arance, con i pomodori, con la rucola selvatica. Poi quando la terra non riservava nulla ci si arrangiava con il vino. Si, proprio così, si innaffiava il pane secco con il vino rosso che ci si portava anch’esso dietro da casa e si racconta che era una vera leccornia, ambita anche dai più piccoli, ai quali un pezzettino non si negava mai.
Quando si toccavano le corde dell’emozione che vedevo negli occhi dei miei cari, era inevitabile un’evoluzione in me, una spinta a superare le mie remore, che non mi permettevano di vivere un’esperienza che per i miei cari era stata un tempo oltre che nutrimento anche conforto e calore familiare.
E allora ecco la spinta a provare!
Con i fichi ho iniziato soltanto con i dolci, confetture e marmellate comprese, ma non riuscivo ancora a mangiarne di freschi.
Poi ho conosciuto Stefano; schizzinoso con i pomodori, con la cipolla nel sugo, con il brodo non colato, con il minestrone non passato, con la pelle del pollo, con la carne non sgrassata, con gli abitanti del mare provvisti di lische e che mangiava due o tre frutti.
Ma quando ci si ama mica si badano a queste cose? Certamente no!
Ma non per me, perché io con le mie fantasie culinarie e con il mio amore viscerale per la cucina ho sempre sentito in me la vocazione di educare le abitudini di Stefano verso un’alimentazione consapevole volta a suscitare la sua curiosità, superare i suoi limiti e mangiare tutto indistintamente.
Impresa ardua, anzi impossibile: in venti anni non sono riuscita a indurre neanche una conversione verso un nuovo cibo!


Ma lui, beffa della sorte, ci è riuscito a farmi superare la mia avversione ( e le mie si contano su una mezza mano) storica e atavica verso il fico. E non è stata una lezione a tavolino e neppure una forzatura ma semplicemente l'esempio. Di anno in anno vederlo con quella ciotola piena di fichi davanti, vederlo beatamente gustarseli e poi ogni volta con tanta delicatezza che me li proponeva dicendomi di provare soltanto perché molto buoni, alla fine mi ha contagiata e non ho resistito più. Paure e fantasmi che si dissolvevano, sicurezza di non farlo mai che svaniva, certezza di non riuscirci che decadeva di fronte a tanta bontà mielosamente confortante.
E ora sono due o tre anni che faccio delle vere scorpacciate.
Ora dopo averli provati per l'ennesima volta con vari tipi di formaggi,  sul pane come faceva la mia nonna, in mezzo alla sfoglia di mozzarella con il crudo e un goccio di miele, avevo proprio voglia di una crostata fatta con farina integrale e del formaggio. 
Neanche il tempo di pensarlo che sul web mi imbatto nel blog di Elisa, Il fior di cappero, dove trovo la Rosemary Fig Tarte proposta per la re-cake di settembre, una sorta di gioco dove poter rielaborare la ricetta proposta, secondo i propri gusti.



CROSTATA DI FICHI E ROSMARINO


Per la crostata:
112 g di burro a temperatura ambiente
57 g di zucchero di canna
1/2 cucchiaino di sale 
100 g di farina 1
50 g di farina 0
1 rosso d'uovo (grande)


Per il ripieno:
8 fichi maturi, tagliati a metà o spicchi
3 cucchiai di zucchero di canna 
3 ramoscelli di rosmarino
225 g di ricotta di bufala
110 gr di formaggio di capra
62 gr di yogurt greco bianco
1 cucchiaio di zucchero 
37 gr di miele
Per una tortiera di 24 cm di diametro o,
come ho fatto io, due mini tortiere
da 10 cm


Per la crostata:
Lavora il burro con lo zucchero finché non diventerà cremoso. 
Aggiungi la farina e lavora finché non sarà completamente incorporata. 
Aggiungi infine il rosso d'uovo.
Forma una palla e avvolgila nella pellicola trasparente e metti in frigo per un'ora. 
Trascorso il tempo togli dal frigo e lascia ammorbidire.
Infarina la tavola e inizia a stendere la pasta. 
Metti la pasta nella teglia che avrai scelto, bucherella con i rebbi di una forchetta il fondo e il bordo e fai cuocere in forno caldo per 30 minuti a 180°C.



Per il ripieno:
Metti i fichi tagliati a spicchi su di un foglio di carta forno e spolverizzali con una generosa quantità di zucchero di canna e qualche ago di rosmarino. 
Inforna sul ripiano più alto e griglia finché lo zucchero non inizierà a caramellare, ci vorranno circa 5 minuti.
In una ciotola amalgama la ricotta con il formaggio di capra e lo zucchero e lavorali fino ad ottenere una crema omogenea. 
Aggiungi lo yogurt ed il miele. 
Lavora finché il tutto non sarà ben amalgamato.
Versa la crema di formaggio nella crostata e decora con i fichi caramellati e qualche ago di rosmarino fresco.







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